Biblioteche scolastiche e innovazione didattica
La vocazione all’innovazione delle Biblioteche Scolastiche può sembrare strana agli occhi di chi intenda la Biblioteca – ogni Biblioteca – come un contenitore di documenti, più o meno polverosi, che possono uscire da armadi e scaffali per eventualmente essere prestati ad un’utenza più o meno desiderosa di utilizzarli.
Già dal 1999, il “Manifesto IFLA/UNESCO sulla Biblioteca Scolastica” recitava: “Il personale della biblioteca promuove l’uso dei libri e delle altre fonti informative, dalla narrativa alla saggistica, dalle fonti a stampa a quelle elettroniche, sia disponibili in loco sia remote. Tali materiali completano e arricchiscono i libri di testo, nonché le metodologie e gli strumenti didattici. È dimostrato che, quando bibliotecari e insegnanti lavorano insieme, gli studenti raggiungono livelli più alti di alfabetismo, nella lettura, nell’apprendimento, nella capacità di risolvere problemi e nelle abilità relative alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione.”
La seconda edizione delle “Linee Guida IFLA per le Biblioteche Scolastiche” è del 2015: “L’Agenda Digitale aumenta la necessità che il personale delle biblioteche scolastiche sviluppi e migliori le proprie competenze digitali e sia pronto a lavorare con gli altri nella comunità scolastica per sviluppare e migliorare le competenze e le conoscenze digitali di studenti e insegnanti. In tutto il mondo, i servizi e i programmi delle biblioteche scolastiche sono stati o saranno presto interessati dai cambiamenti nelle tecnologie digitali e mobili e questi cambiamenti aumentano la necessità di insegnare i principi della cittadinanza digitale.” (pag. 14). Sono qui chiaramente delineate la funzione formativa e quella innovativa della Biblioteca Scolastica.
In Italia non c’è ancora una normativa specifica per le Biblioteche Scolastiche, ma il rinnovamento è in corso, con procedura in parte “bottom up”, stimolata però anche dagli importanti interventi “top down” degli ultimi anni del MIUR e del MIBACT, in forma di Bandi di finanziamento, che con ogni evidenza hanno l’intento di stimolare processi virtuosi di cambiamento nell’operatività, nella visibilità, interna ed esterna alle scuole, e quindi nel ruolo stesso delle Biblioteche Scolastiche. Nel 2019, a Bologna, Alberto De Toni ha parlato di ambienti di apprendimento innovativi, affermando che il processo di cambiamento nell’innovazione è più efficace se avviene con un’emergenza dal basso. Questa è auspicabilmente anche l’ottica dei recenti interventi pubblici ministeriali riguardo alle Biblioteche Scolastiche innovative, in attesa della necessaria definizione normativa ed economica di tutte le BS italiane.
Uno degli interventi più importanti è contenuto nel Piano Nazionale Scuola Digitale (PNSD) mediante il quale il MIUR, con l’Azione #24, e con l’Avviso pubblico, pubblicato dal MIUR il 13 maggio 2016, ha definito con chiarezza le caratteristiche di innovatività della Biblioteche Scolastiche, che, facendo parte della scuola, hanno evidentemente a che fare con l’apprendimento e con la didattica e con la sua innovazione.
L’Azione #24 (intitolata significativamente Biblioteche Scolastiche come ambienti di alfabetizzazione all’uso delle risorse informative digitali) invita a considerare le BS degli spazi di apprendimento sia fisici che virtuali e a dotarle di risorse tradizionali e digitali, stimolando gli insegnanti a utilizzarle, da soli o insieme alle loro classi, sia come fruitori che come produttori di contenuti e risorse testuali e multimediali.
Le BS sono invitate ad assumere la funzione di “Centri di documentazione e alfabetizzazione informativa”, veri e propri “laboratori per coltivare e implementare conoscenze, saperi, attitudini e abilità trasversali, utilizzando nuove metodologie didattiche, per formare e sviluppare le competenze chiave dell’apprendimento permanente, quali in particolare la comprensione del testo e la competenza “imparare ad imparare”, connessa all’apprendimento autonomo, all’abilità di perseverare nell’apprendimento, alla capacità di svolgere ricerca, di selezionare e riconoscere le fonti, di organizzare il proprio studio, sia a livello individuale sia in gruppo, a seconda delle proprie necessità, e alla consapevolezza relativa a metodi e opportunità.” (Avviso pubblico, 2016, art. 1).
Lo stesso Avviso pubblico ha poi tracciato la strada per la realizzazione di reti di Biblioteche Scolastiche, idea che poi è stata ripresa dai due bandi del 2018 e del 2019 del CEPELL/MIBACT. La capacità innovativa di una rete di BS è grandiosa, se consideriamo l’aspetto comunitario e cooperativo che comporta. Sperimentato dagli insegnanti dà il via a una serie di applicazioni che, a catena, non possono che ricadere sul processo di apprendimento/insegnamento: processo bottom up.
La tecnologia digitale di per sé non è innovativa, a scuola: lo sono le metodologie, gli spazi e i tempi, gli ambienti, le infrastrutture. Lo dimostra il fatto che da più parti si sia riconosciuto che la didattica a distanza di emergenza, praticata con le classi da marzo a giugno 2020, non ha sempre coinciso, dal punto di vista del metodo, con quella didattica a distanza che i fautori dell’innovazione didattica e digitale invocavano ben prima del 2020, e di sicuro dalla pubblicazione nel 2015 del Piano Nazionale Scuola Digitale. Quelli digitali sono strumenti. Come dice Gino Roncaglia, uno degli autori del PNSD, tali strumenti comportano e diffondono una tecnologia diversa da quella della lavagna e del libro, il quale pure infatti si sta in parte trasformando, insieme alle modalità di lettura. Roncaglia afferma pure che la tecnologia digitale e quella a distanza non sostituiscono la didattica tradizionale in presenza, ma la integrano, o meglio integrano i contenuti strutturali e complessi dei curricoli, fornendo strumenti diversi e stimolanti, che devono tuttavia essere armonizzati con un tipo di lezione metodologicamente adatta ad accoglierli.
È indiscutibile che l’esperienza forzata della didattica digitale a distanza, causata dall’emergenza COVID19, abbia reso evidente il fatto che viviamo in un “ecosistema digitale”. È però stata esperienza di tutti i docenti il fatto che il digitale, applicato alla didattica, richiami il bisogno di innovare. Rimane da conquistare nella scuola la sua potenziale complessità, attraverso attività progettate e basate su un’attenta revisione dei curricoli disciplinari.
Se intesa correttamente come ambiente di apprendimento, di tipo laboratoriale e trasversale, in un’ottica di sostenibilità largamente intesa e di inclusione , se si considerano le sue caratteristiche fondamentali che permettono l’integrazione di contenuti digitali e multimediali in genere nei curricoli disciplinari e nell’educazione alle competenze di lettura, se si ricorda che tra i suoi obiettivi fondamentali vi sono l’educazione alla competenza informativa (Information Literacy) e la formazione in genere, se si considera che molti dei suoi servizi si esplicano già a distanza, come il prestito di libri digitali, e che molte attività si possono svolgere a distanza (gruppi lettura, produzione di blog e siti, PCTO, formazione, ecc.), piegandosi a diverse necessità disciplinari e formative, la Biblioteca Scolastica rivela all’utente potenzialità innovative, che non a caso si possono collegare a molte Azioni del PNSD: oltre all’Azione #24, si possono richiamare la #4, la #7, la #14, la #25 e la #31 (Priore, 2018).
Dal PNSD, Azione #24: “fra i compiti principali della scuola è oggi anche quello della formazione alla produzione e alla comprensione di contenuti informativi complessi, che integrano canali e codici comunicativi diversi e viaggiano prevalentemente negli ambienti on-line. Le biblioteche scolastiche possono avere un ruolo importante come centri di supporto per il conseguimento di questi obiettivi formativi.”